6 marzo 2004

ciao operabuffa

Dopo 10 anni di attività l’Operabuffa chiude. Può sembrare strano che la chiusura di un locale possa far venire voglia di scrivere una lettera ad un giornale, però ripensando a cosa è successo a Benevento da quando ha aperto il locale viene voglia di farlo.La storia dell’Operabuffa si intreccia continuamente con i cambiamenti della vita sociale di Benevento ed è difficile dire come sarebbe andata senza.Oggi il centro storico rivive grazie a numerosi piccoli localini nei quali la gente si incontra, parla, si scambia idee ed opinioni come se ci si trovasse in un salotto o in una piazza. Il primo locale del centro storico in cui si è potuto fare questo è stata l’Operabuffa, nata in un vicoletto alle spalle del Museo del Sannio . Lì ci si è cominciati ad incontrare, a scambiarsi milioni di parole ed idee che inevitabilmente ha arricchito le persone che non hanno mai amato passare le notti a mangiare una pizza gommosa davanti ad un megaschermo sintonizzato su raiuno e dove ogni tavolo era un piccolo mondo isolato e destinato ad essere cancellato rapidamente da nuovi affamati avventori. Così si passavano le serate in un parcheggio, o in macchina a cercare un pasto caldo su è giù per il sannio. E il bisogno di porre fine alla ricerca inevitabilmente ha spinto molti di noi a discutere di bivi stradali e di nomi di locali forse mai esistiti. Oppure si passava la serata in mezzo alla strada.Con l’Operabuffa il locale diventava una estensione della piazza, un luogo di socializzazione forte e informale, dove potersi muovere liberamente dove poter incontrare chiunque.Poi c’era la musica. Non la musica da piano bar, non il karaoke… la musica! quella che si suona per piacere, quella che ti fa saltare, quella che ti apre un mondo. Ma non solo, perché oltre la musica all’Operabuffa si è fatto teatro. Ed anche arte. Tanti artisti si sono susseguiti sulle pareti del locale, un modo di far vivere l’arte in un modo vero. Poteva capitare di ritrovarsi a guardare un quadro tra un bicchiere di vino ed una sigaretta, e capire che l’arte ti parla, ti racconta una storia come una qualsiasi persona che puoi incontrare in un locale. Così come, al contrario, il locale poteva diventare a sua volta fonte di ispirazione per un artista, come è successo a Mario Ferrante quando ha dipinto un quadro intitolato proprio Operabuffa.Ironia della sorte un locale che era nato in un vicoletto stretto stretto e che però funzionava come una piazza si è trovato davvero in una piazza. Piazza Vari. Indubbiamente una piazza brutta. Sicuramente se non ci fosse stata l’Operabuffa piazza Vari sarebbe rimasta uno strano esperimento di geometria non euclidea, ed infatti i momenti in cui la piazza appare più bella è quando la folla ne nasconde il contorto esibizionismo. Una piazza che altri hanno in tutti i modi contribuito a svuotare, come quando si era arrivati anche a proporre la folle idea di pagare una vigilanza privata per “controllarla” o come quando hanno deciso di utilizzare dei riflettori posizionati “a capocchia” per illuminare la piazza, ma con il triste effetto collaterale di abbagliare chiunque si trovi a passare.Come non ricordare poi come l’Operabuffa ha contribuito a riscoprire i giardini De Simone come spazio di forte socializzazione, restituendo realmente alla città uno spazio di proprietà pubblica, senza tenere mai i cancelli chiusi, senza mai pensare che per poter stare lì si dovesse avere per forza uno scontrino in mano.E poi Artetipica, che ha dato la possibilità ad artisti di questa città di avere a disposizione una piazza per esprimersi.E poi l’intuizione di guardare al centro storico di Benevento come ad un “quartiere latino” nel quale far incontrare le energie della città.E poi Jazzarìa, che ha portato e continua a portare nei nostri teatri il grande jazz internazionale.Voi credete che tutte queste cose non abbiano cambiato in qualche misura la città, le idee e le passioni di ciascuno di noi?Ho capito grazie all’Operabuffa che aprire un locale notturno può essere un atto di amore verso le persone, verso la città e verso la vita e non mi importa niente di chi pensa che un locale sia essenzialmente un business.Ho pensato di scrivere, per dire grazie. Grazie a chi ha creduto più giusto alimentare la mia anima più del mio stomaco. E scrivo affinché questa piccola storia ci faccia riflettere su quello di cui abbiamo veramente bisogno in questa città. Amore.

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